
Palazzo della Sapienza, Aula magna storica, 6 giugno 1989.
Profilo del prof. Manuel Alvar e motivazioni formulate dal Consiglio della Facoltà di lingue e letterature straniere
Manuel Alvar nasce a Benicarló (Castellón) l’8 luglio del 1923; si laurea a Salamanca nel 1945 e consegue il Dottorato l’anno seguente all’Università di Madrid, ricevendo il premio straordinario del CSIC per la sua ricerca monografica su El habla del Campo de Jaca. Nel 1948 è già prof. straordinario all’Università di Granada.
Sulla scia del solido, anche se indiretto, magistero del fondatore degli studi filologici moderni R. Menéndez Pidal, Manuel Alvar si specializza subito nel campo degli studi dialettologici, che innoverà profondamente con una ricca serie di monografie ed iniziative di ricerca che sono un modello di rigore metodologico. Infatti le sue indagini partono da una adesione ai principi della geografia linguistica di Gillieron, Dauzat e Bartoli, ma presto includono nella cartografia dialettale l’etnografia, secondo un modello intravisto da Jud e Jaberg per l’Atlante italosvizzero e che induce il giovane studioso a insistere sul concetto di atlanti regionali anziché nazionali, in modo da favorire una capillarità maggiore nelle indagini dei fenomeni linguistici. Inserito professionalmente nell’amplissima area andalusa, Alvar avvia l’impresa di elaborare un atlante dialettale nuovo e diverso, che mediante il rilevamento e la definizione di strutture linguistico-etnografiche permetta una ricostruzione del passato che sia anche storia culturale. I suoi questionari per i rilevamenti sul campo allargano così lo spettro dei loro quesiti, tanto che i materiali ricavati stimolano riflessioni ed indagini nelle direzioni più viarie, dalla filologia semitica alla storia sociale e politica, dalla storia delle campagne a quella dell’emigrazione interna. Attento agli sviluppi più originali della moderna linguistica, decide di dare spazio anche al livello fonologico ed estende l’ambito di esplorazione dal lessico, fino ad allora privilegiato, alla morfologia e perfino a strutture sintattiche semplici. Non mancano le innovazioni che potremmo definire di ordine pratico, ma che rispondono a precise e aggiornate esigenze di metodo e di ricerca: viene preso a base il municipio, uno ogni quattro centri abitati, mentre l’unità maggiore non si identifica con la provincia amministrativa ma con il meno artificioso e più antico distretto giudiziario; non si contemplano solo i luoghi più isolati, in cerca di arcaismi, ma anche i grossi centri urbani fonte della irradiazione dei neologismi; in quanto ai soggetti da intervistare, vengono controllati il loro radicamento nel luogo da più di tre generazioni, l’integrità della dentizione, l’esiguità dei loro spostamenti, il non aver compiuto il servizio militare, l’essere magari analfabeti. Nasce così e si perfeziona l’Atlas lingüístico-etnografico de Andalucia, l’ALEA, corredato da palatogrammi, carte con descrizione di aree di isoglosse, disegni, fotografie ordinate per temi, dove anche le «cose» hanno posto insieme alle «parole», perché resti testimonianza della cultura materiale agraria ed artigiana, ma anche di quella spirituale, con le feste, i riti e i loro canti, e di tutta quella sapienza pratica che va dalla medicina popolare alla gastronomia, ecc.
Da questo complesso banco di prova che fu l’ALEA, iniziato nel 1963 e finito nel 1968, Alvar ha tratto non soltanto i materiali di studio della regione in questione, che possiede il vocalismo più complesso della Romania e il vocabolario più caratteristico della penisola iberica. Ha tratto anche un fertilissimo modello per cartografare tutto il dominio linguistico del castigliano mediante una giustapposizione dei diversi settori regionali. Ha intrapreso quindi fatiche gemelle, incoraggiato dalle istituzioni culturali più qualificate, ed attualmente possediamo così gli Atlanti di Aragona, Navarra e Rioja, di Murcia (ALEM), delle Islas Canarias (ALEI-Can), l’ALE dei marinai della Penisola iberica…ed ha messo in cantiere quelli, ambiziosissimi, dell’America latina. Le esperienze di Alvar hanno avuto un ruolo determinante nella pianificazione dell’Atlante Linguistico del Mediterraneo.
Quanto questo filone di ricerca si nutrisse degli umori della sociolinguistica e a sua volta li consolidasse, lo mostrano le brillanti ricerche iberoamericane di Alvar sui problemi del bilinguismo, della estinzione di alcune parlate, dell’integrazione linguistica delle minoranze, della transculturazione. Ne sono nati interventi e libri su una teoria linguistica delle regioni, sulle lingue a contatto, sulla trascrizione di lingue indigene come veicolo nella transculturazione, sull’emarginazione linguistica e su vari altri aspetti della lingua nell’America ispanofona, senza mai scindere i rilevamenti della situazione attuale dalla considerazione del processo storico. Bastino pochi titoli, sia per l’ambito peninsulare che per quello d’oltreoceano: El dialecto aragonés, 1953; El dialecto riojano, 1969; Estudios sobre el dialecto aragonés, 1973; El espanoi hablado en Tenerife, 1959; Estudios canarios 1968; Niveles socioculturales en el habla de Las Palmas de G. C., 1972; Americanismos en la obra de B. Diaz del Castillo, 1970; Espana y América cara a cara, 1975. Ma vi sono altri versanti che si sono giovati dell’acutezza e dell’apertura metodologica di Alvar. Egli è un finissimo studioso di poesia popolare, e non solo di quella antica (El Romancero. Tradicionalidad y pervivencia, 1979) ma anche di quella che ha raccolto dalla viva voce nelle comunità sefardite della diaspora del 1492, in particolar modo in quelle ubicate nell’ex Marocco spagnolo; ne ha pubblicato ed esaminato i canti di nozze, di morte, il romancero e la poesia lirica (Poesia tradicional de los judios espanoles, 1966, Romancero judeo-espanol de Marruecos,1966, Endechas judeo-españolas, 1969, Cantos de boda judeo-españoles, 1971). Da storico della lingua ha prodigato minuziosa attenzione tanto alla prosa non letteraria (Documentos de Jaca: (1362-1502), 1960, El Fuero de Salamanca, 1968) quanto alla più codificata poesia medioevale; sue sono le densissime e monumentali edizioni del Libro de la infancia y muerte de Jesus 1965, dei Poemas hagiograficos de caracter juglaresco, 1967, della Vida de S. M. Egipciaca,1970, del Libro de Apolonio, 1976, dove il linguista si fa filologo, erudito, storico della cultura e critico letterario. Ma oltre a quella in lingua ha riunito e studiato la poesia dialettale antica e moderna: per esempio, nei Textos hispanicos dialectales: Antologia historica, 1960 e in Poesia espanola dialectal, 1965. Della vivacità dei suoi interessi e della sua eccezionale operosità sono testimonianza i numerosi sondaggi su poesia e prosa tra Otto e Novecento.
La personalità scientifica di Manuel Alvar ha poi una rilevante dimensione organizzativa, messa bene in luce da alcune delle funzioni ricoperte e dalle responsabilità assunte, con ruoli determinanti nello sviluppo degli studi dentro e fuori della Spagna. Pochissimi esempi: direttore del Dipartimento di Geografia Linguistica e Dialettologia del CSIC, membro del Comitato Internazionale Permanente per la Difesa della Lingua Spagnola, membro del Comitato dell’Atlante Plurilingue dell’Europa, presidente della Societè de Linguistique Romane. Ha fondato il Curso Superior de Filologia del CSIC di Malaga e la rivista «Linguistica Españiola Actual». Dirige le riviste «Archivio de Filologia Aragonesa», «Españiol Actual», e «Revista de Filologia Españiola». È coordinatore dell’Enciclopedia Linguistica Hispanica, Dal dicembre scorso è presidente della Real Academia Españiola de la Lengua.
È dottore honoris causa delle Università di Bordeaux, Granada, Valencia, Zaragoza e Salamanca.
Dal 1962 il professor Alvar ha avviato un proficuo rapporto didattico e scientifico con gli ispanisti dell’Ateneo pisano, che in più di una occasione si sono giovati della sua presenza.
Da: Laurea honoris causa in Lingue e letterature straniere (spagnolo) al prof. Manuel Alvar. Pisa, Università degli studi di Pisa, 1989.