Laurea honoris causa a Ignacio Matte Blanco

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Palazzo della Sapienza, Aula magna storica, 10 maggio 1990.

Profilo del prof. Ignacio Matte Blanco e motivazioni formulate dal Consiglio della Facoltà di lingue e letterature straniere

 

La vita e la carriera scientifica di Ignacio Matte Blanco sono segnate da una molteplicità articolata di esperienze e dal loro respiro sempre vasto e irradiante.

Laureatosi in Medicina nel 1930 all’Università Statale del Cile, è stato dapprima assistente alla Cattedra di Biochimica della stessa Università, poi nel 1933 professore titolare di Fisiologia all’Università Cattolica del Cile. Dal 1934 al 1940 è a Londra, dove conduce il proprio training presso l’Istituto di Psicoanalisi della Società Psicoanalitica Britannica (di cui è membro dal 1933), e successivamente esercita la professione di psicanalista, lavorando altresì nell’ambito dell’Istituto per la terapia scientifica della delinquenza. Dal 1941 al 1943 lavora presso università e istituzioni psichiatriche degli Stati Uniti (Baltimore, Durham, New York). Nel 1944 rientra nel Cile, dove fonda il Centro di Studi Psicoanalitici e contribuisce alla fondazione dell’Associazione Psicoanalitica Cilena, di cui sarà più volte Presidente. Dal 1949 al 1966 è titolare di Psichiatria e Direttore della Clinica Psichiatrica alla Scuola Medica dell’Università del Cile. Il 1966 è l’anno della reciproca adozione dell’Italia. Da quell’anno Matte Blanco lavora nel nostro Paese, svolgendo una vasta attività di pratica psicoterapeutica e di didattica: dal 1970 al 1974 ha anche insegnato nella Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma.

Dai primi lavori di biochimica e di fisiologia, scritti all’inizio degli anni Trenta, si passa, nella seconda metà dello stesso decennio, a studi sull’alcoolismo e sulle nevrosi ossessive, e poi ancora sulla sublimazione, sull’introiezione, su argomenti di psicosociologia concernenti il comportamento delle popolazioni civili nella guerra, sulla psicologia infantile, sull’elettrochoc, sulle psicosi mestruali, e molti altri ancora.

Verso la metà degli anni Cinquanta questa massa così ricca e inquieta di osservazioni e interventi approda ai primi risultati sistematici nei libri Lo psìquico y la naturaleza humana e Estudio de psicologìa dinàmicaentrambi pubblicati dall’editrice Universitaria di Santiago. Da allora gli studi di Matte Blanco sono stati convogliati verso una poderosa opera di risistemazione dell’eredità freudiana, nei termini di una psicoanalisi intesa come antropologia generale, cioè come interpretazione organica dei comportamenti umani. Una tappa capitale di questo lavoro è il libro L’inconscio come insiemi infinitipubblicato a Londra da Duckworth nel 1975 e tradotto in Italia da Einaudi nel 1981; una tappa ulteriore è stata raggiunta nel l988 con la pubblicazione del libro Thinking. Feeling and Being, ancora a Londra, presso Rutledge; qui Matte Blanco annuncia altresì l’intenzione di approfondire in un successivo lavoro le inferenze epistemologiche del suo sistema: un argomento che ci farà l’onore di toccare oggi.

Matte Blanco rivendica con fondata e commossa lucidità l’immediatezza del suo legame con Freud; in effetti nel suo caso tocchiamo con mano come in pochi altri il fatto che il progresso scientifico si radica preferibilmente in una profonda accettazione delle esperienze passate e divenute tradizionali. È certamente tra i più importanti risultati di Freud l’aver definito la psiche, in quegli aspetti da lui raggruppati attorno al concetto di inconscio, attraverso una serie di opposizioni con i concetti e i valori della razionalità. Tra l’altro, l’inconscio rifiuta il principio di contraddizione e rifiuta le coordinate temporali. Il semplice e decisivo passo compiuto da Matte Blanco consiste nell’aver interpretato queste opposizioni non nella forma negativa che suggerisce per esempio il termine “irrazionale”, ma come fondamenti di una nuova e positiva logica del cosiddetto inconscio: un sistema conoscibile e interpretabile che ne governa le motivazioni e fornisce una coerente grammatica ai suoi linguaggi. Matte Blanco la chiama bi-logica perché fondata sull’alternanza o sulla simultanea presenza di comportamenti mentali propri della logica classica e di altri che obbediscono a principi con essa incompatibili. E nella fattispecie: 1) il principio per cui ogni relazione può essere trattata come reversibile (donde il nome di “logica simmetrica”: questo principio contiene come caso particolare la negazione del tempoessendo possibile sostenere che se A precede B, anche B precede A);

2) il principio per cui il cosiddetto inconscio non prende mai in considerazione individui, ma classi o insiemi di generalità crescente, identificando totalmente tra di loro gli elementi di qualsiasi classe sulla base di una qualsiasi affinità. L’identificazione tra tutto e parte che ne deriva, e che contiene come caso particolare la negazione del principio di contraddizione, permette di concludere che gli insiemi in questione sono infiniti (Matte Blanco utilizza la definizione di Dedekind per cui un insieme è infinito se possiede la stessa cardinalità di una sua parte propria).

Non meno importante è l’estensione effettuata da Matte Blanco di questi modelli funzionali al di là dei limiti dell’inconscio. Al modo che si è detto non funzionano solo le enclavi dei sogni, dei sintomi nevrotici, delle devianze mentali, ma tutto l’universo emotivo che, finalmente sottratto all’infida categoria dell’irrazionale, occasione di svalutazioni e licenze ugualmente arbitrarie, assume una nuova nettezza di profilo che coincide con una nuova dignità.

Aprendo agli strumenti scientifici di cui dispone la conoscenza umana un vasto e irrinunciabile dominio, si sconfigge altresì l’insidioso paralogismo che vuole uguali, o piuttosto confonde, metodo e oggetto di studio.

In realtà la bi-logica non coinvolge una parte dell’io (quale veniva considerato l’inconscio nella topologia freudiana) ma un suo modo di essere: quello che assume l’universo come una totalità omogenea e indivisa e nella dinamica esistenziale convive con un altro modo di essere, che lo assume invece come totalità analitica composta di parti.

È opportuno aggiungere qualche parola per esplicitare uno specifico tributo che all’opera di Matte Blanco devono gli ambiti culturali concernenti la linguistica e la letteratura.

Ciò può essere semplice e pressoché immediato per la linguistica: la psicolinguistica, la sociolinguistica, la neurolinguistica, la linguistica antropologica, l’analisi del racconto e del pensiero mitico sono evidentemente interessate all’interpretazione dell’attività psichica nei termini suggeriti da Matte Blanco, ed è lecito pensare che per esse la sua opera rappresenti un punto di riferimento non facilmente eludibile.

Più delicato è il discorso per quanto riguarda il linguaggio letterario, anche perché, se è vero che un rapporto privilegiato tra letteratura e psicanalisi si è imposto fin dalle origini della psicanalisi stessa, è anche vero che esso ha molto stentato ad organizzarsi in forme corrette. Spesso si sono create interazioni fumose, soprattutto nel senso di una inopportuna clinicizzazione della letteratura, o prolungando arbitriamente l’immaginario biografico degli autori, o facendosi attrarre dal magico effetto di realtà, che indubbiamente la grande letteratura possiede, fino al punto di trattare come pazienti i suoi personaggi.

Dall’antropologia di Matte Blanco vengono invece agli studiosi di letteratura un suggerimento metodico globale e un modello ermeneutico che hanno tanto più peso, a mio parere, proprio per il fatto di non scaturire da uno studio ex professo rivolto all’espressione artistica, ma di essere maturati nella piena indipendenza di argomentazioni e conclusioni: essi consentono di definire la letteratura come uno dei campi in cui il doppio essere dell’uomo si manifesta con maggiore ricchezza dell’una e dell’altra delle sue forme, e del loro equilibrio. La struttura della comunicazione letteraria ha infatti un carattere compromissorio e dialetticamente bilanciato in un campo di forze: da un lato è un sistema di significazione definito e controllato, cioè uno strumento per conoscere il mondo nelle sue articolazioni, nella chiarezza delle sue distinzioni e alternative; dall’altro, è una spinta verso l’assoluto, l’infinito, la totalità, una necessità inesauribile di arricchimenti e allargamenti. Essa si afferma nei corti circuiti del pensiero creativo, garantiti da nessi perfettamente estranei ad una Weltanschauung razionale, e ancor di più nell’ambiguità delle connotazioni, nell’opacizzazione del rapporto tra significante e significato, nell’eccesso di senso che è in ogni figura, nelle identificazioni impossibili che si creano dalla folgorazione della metafora.

Si potrebbe dire, scherzando, che il campo della letteratura risulta così vicino a quello dell’emozione che chi dedica all’una la propria vita deve seriamente temere di essere trascinato dall’altra alla sopravvalutazione dei propri idoli: non però al punto che noi, esprimendo a Matte Blanco la gratitudine che spetta allo studioso capace di dare ai nostri studi presupposti e fondamenti diversi, dimentichiamo di ricordare quella che spetta a chi senza riserve combatte per vincere la scommessa globale sulla sorte dell’uomo, quella che ha per premio l’equivalenza tra conoscenza e felicità. E non sarà di troppo neppure ricordare che la combatte ugualmente nell’elaborazione concettuale e nella pratica sociale, dove si mette alla prova la parte più rischiosa del giuramento di Ippocrate.

 

Da: Laurea honoris causa in Lingue e letterature straniere al prof. Ignacio Matte Blanco. Pisa, Università degli studi di Pisa, 1990.

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